trečiadienis, spalio 11, 2006

Il viaggio e i suoi lasciti

Arrivando in volo, Lisbona si nasconde dietro ad un colle a strapiombo sul mare.
Il poliziotto che dirige la mandria in coda per un taxi all'aeroporto mi fa salire in una vettura senza insegna luminosa recante la scritta “taxi” e senza la scatoletta contakilometri.
Alla mia perplessità, il conducente risponde da ebreo, con una domanda, “Where are you from?” “Italy” “That's why you asked”.

Il viaggio fa assaporare la profonda tristezza di non essere una mosca e di perdere sempre un lato. Ho scelto la sinistra del treno. Perché l'ultima volta che l’ho preso, 4 anni fa, ero seduta dall'altra parte.
È strano che le case siano così colorate. Di solito le case sono molto colorate dove il cielo è molto grigio. Me l'ha fatto notare Misha, moscovita schifato dai tetri edifici di Firenze. Più si va verso il mare e più si tende alla monocromia se non al bianco dei muri. Mi fa pensare che ci sia del grigio in Portogallo. La povertà forse.
Ma forse la povertà non c'entra, è solo la suggestione provocata dalla vecchia che si raschia continuamente la gola di fianco a me.

Per me il Portogallo è ulivi, terra arancione (anche i seggiolini del treno sono arancioni), cicogne sui tetti e mura arrotondate.
Adesso anche dei panni stesi lungo la ferrovia a due passi da una ciminiera.

È lo sguardo che rende un paesaggio speciale. Nessuna foto può mostrare quello che vedono gli occhi.
Le foto che descrivono e non suggestionano sono inodori. Quelle che meglio raccontano un viaggio sono le foto che non hanno la pretesa di raccontare. Sono le scarpe di Mariele abbandonate sulla scalinata fatiscente di una casa di Bordeaux, sono i colori di una bancarella di spezie di Granada. È quello che è al di là della foto che la fa essere diversa dalle altre, il suo spessore.
Una foto è come gli occhi di un attore, che “funzionano” solo se lo spettatore guarda dove loro sono diretti e non loro stessi.



Un viaggio fa davvero percepire il legame tra gli occhi e il cuore, fa capire quanto sia importante aprire i primi per aprire il secondo.
E la nostalgia – condanna che penalizza i viaggiatori - che si prova quando si torna a casa è la sofferenza che ci provoca l'aspirazione all'ubiquità. Vorrei passare l'inverno a Vilnius, l'estate a Granada e il resto dell'anno qui. Se qui fosse un po' più vicino alla mia mamma.

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