trečiadienis, sausio 23, 2019

Il nemico è l'individualismo

Ho appena finito di leggere Ending terrorism in Italy di Anna Cento Bull e Philip Cooke. L’auto-identificazione di alcuni ex terroristi italiani in vittime mi ha colpito alla bocca dello stomaco.

Convinti di avere diritto a degli sconti di pena o all’amnistia, dichiarano di aver già sacrificato troppi anni della loro vita all’altare di un’ideologia.

Dichiarano di aver fatto delle scelte - che parzialmente riconoscono come infelici - non per se stessi ma per il bene di una collettività. Dichiarano che sulle loro scelte hanno influito delle situazioni sociali che hanno contribuito ad isolarli e a renderli ‘estremizzabili’. Famiglie povere, scarso accesso all’educazione, mancanza di prospettive per una vita migliore.

E mi chiedo se, tra qualche anno, anche i terroristi di oggi avanzeranno le stesse ragioni. E come verranno ricevute, considerando che al giorno d’oggi il terrorista non è solo una cellula impazzita ma un elemento di cui viene sempre sottolineata la non appartenenza (religiosa, nazionale, sociale).

Qual è la differenza tra loro e i terroristi coinvolti nelle stragi italiane? Si può dire che questi giovani sacrificano i migliori anni della loro vita in nome di un’ideologia, oggi più che ieri per opporsi ad una società individualista, imperialista, consumista, capitalista?

Quello che mi chiedo, che mi chiedo forte, è dove sono le alternative per un’ideologia che porti anche alla felicità personale. È possibile creare una società non di individui ma di persone felici? La felicità, credo, è più difficile da sacrificare.

Ma per questo credo che gli dei debbano essere tirati giù dalle sfere celesti degli schermi al plasma, tiranti fuori dalle vetrine e che tutto, tutto, debba essere ricostruito.

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