La cosa strana che succede quando torni a casa dopo pochi giorni (10,
che sono sembrati un'eternità) è che ci si scopre disabituati alle
piccole taglie. Perché quando gk - incessantemente - pensa ai propri figli,
non li pensa nella loro dimensione fisica, che pure è quella la cui
assenza la fa sentire disperatamente fuori luogo, spaesata e persa.
Ieri mattina Matematico e Impertinente ha espresso il suo
rumoroso disappunto per la doccia con un "Quando sarò grande farò
l'eremita!"
Nessun problema, tanto qui hanno appena legalizzato i matrimoni gay. A me basta solo diventare nonna.
[L'Anarchico Entusiasta ha iniziato la sua esperienza al nido.
gk: sei felice, amore?
L'Anarchico Entusiasta: no, sono PIANGIATO
Segue risata a pieni polmoni con tanto di testa gettata all'indietro. Ma del resto, che domanda del ca**o è "sei felice?"]
Ma parlavo del vuoto, che è un tema ricorrente in questi giorni. Vuoto e silenzio.
gk
ha problemi a riconoscersi allo specchio, ultimamente. Ha problemi a
identificarsi con quello che è. Perché 10 gg lontano da casa sono stati
come un trattato sull'autodeterminazione, molto più che buttarsi in
paracadute da 4000m.
Sono stati una dimostrazione che gk esiste a
prescindere. Passare da questo ad una città senza spritz e con un figlio
malato, è stato mortale.
Ad una mamma lavoratrice full time tutto questo sembrerà molto patetico.
Autodefinirsi senza suppellettili fa pensare che questa non sia l'unica vita possibile, ma che ce ne siano infinite.
E mica che gk voglia cambiare la sua vita.
Autodefinirsi destabilizza.
Perché l'autodeterminazione reale, come il comunismo, non esiste.
Non con dei figli.
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